Die Wolgastädte (Német)
Der Mauerstrich.
Türme. Die Stufe des Ufers. Einst,
die hölzerne Brücke zerriß. Über die Weite fuhren
Tatarenfeuer. Mit strähnigem Bart
Nacht, ein Wandermönch, kam
redend. Die Morgen
schlossen herauf, die Zisternen
standen im Blut.
Geh umher auf dem Stein.
Hier im gläsernen Mittag
über die Augen hob
Minin die Hand. Dann Geschrei
stob herauf, den Wassern entgegen, Stjenkas
Ankunft – Es gehn auf dem Ufer
bis an die Hüften im Unterholz
Sibiriaken, ihre
Wälder ziehn ihnen nach.
Dort
einen Menschenmund
hörte ich rufen:
Komm in dein Haus
durch die vermauerte Tür,
die Fenster schlag auf
gegen das Lichtmeer. Feltöltő | P. T. |
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La città del Volga (Olasz)
La striscia di muro. Torri. La banchina di proda. Un tempo crollò il ponte di legno. Lontano passavano fuochi tartari. Con barba a ciocche una notte, un monaco viandante, venne parlando. Sprizzarono i mattini, le cisterne ristettero nel sangue.
Cammina d’intorno sopra la pietra. Qui nel mezzogiorno di vetro Minin alzò le mani sugli occhi. Poi si levarono grida, incontro alle acque, l’arrivo di Sten’ka – avanzano lungo la riva fino ai fianchi nel sottobosco i siberiani, le loro foreste al seguito.
Lì una bocca umana sentii gridare: entra nella tua dimora per la porta murata, spalanca la finestra sul mare di luce.
Feltöltő | P. T. |
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