A Pierre Emmanuel
Ti ricordi ancor’? Sui visi.
Ti ricordi ancor’? Il fosso vuoto.
Ti ricordi ancor’? Come gronda.
Ti ricordi ancor’? Sto fermo al sole.
Stai leggendo il Paris Journal.
Notte invernale. Un inverno senza sosta.
Predisponi il tavolo nella mia vicinanza,
allestisci il letto al chiar’ di luna.
Nella notte della casa vuota,
ti spogli senza una parola.
Camicia, veste scivolan’ giù.
Nuda lapide è la tua schiena.
Visione di infelicità permeata.
C’è qualcuno?
C’è qualcuno? Dormiveglia:
attraverso, le stanze in fondo
dei specchi, senza risposta.
Questo è dunque il mio viso, è questo?
Luce, silenzio, la condanna fragorosa
Come il viso, questa pietra,
dal specchio bianco, verso di me vola.
I cavalieri! I cavalieri!
La tenebra mi tedia, mi urta la luce,
un getto d’acqua fina sgorga
sulla porcellana immobile.
Picchio sulle porte serrate.
La tua stanza è buia come un pozzo.
Sulle pareti si agita il freddo.
Il pianto mio spalmo sul muro.
Tetti coperte di neve, aiutatemi!
E’ notte. Che brilli, tutta la desolazione,
prima che giunge il giorno,
del niente. Brillate inutilmente!
Appoggio la testa sul muro.
Una città morta, da ogni dove,
un pugno di neve della misericordia,
porge, verso di me,che son esanime.
Ti ho amato! Un grido, un sospiro,
una nuvola fuggevole si dilegua.
I cavalieri giungono in uno scrosciante
denso trotto, nel alba fangosa.